sabato 8 settembre 2012

BETTA CUCINA: LA PIZZA. SERVONO ULTERIORI DESCRIZIONI?


Come dicono quelli seri, l'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Una volta avevo un fidanzato originario della provincia di Caserta. Il fatto che l’avessi e non l’abbia più implica che come fidanzato non fosse un granché. Ora, sui suoi lati spiacevoli quest’oggi sorvoleremo, non perché noi donne non ci divertiamo a rivangare gli errori passati pur di deprimerci anche quando non serve, ma perché non ci è utile ai fini della ricetta che sto per raccontarvi. Poi, se siete donne e siete in piena depressione premestruale, fatemi uno squillo così ci piagnucoliamo sulle rispettive spalle armate di vasetti da 3 kg di Nutella: vedrete, dopo andrà meglio.
Ma per onestà nei confronti dell’ex fidanzato, bisogna dire che una dote l’aveva: sarà stato il sangue campano, sarà stato che di lavoro faceva mattoni a mano (che aiuta ad affinare le tecniche d’impasto), ma in tutta sincerità sfornava una pizza spettacolare.
Questo, care ragazze (e ragazzi: anche se non avete la sindrome premestruale, certe lezioni sono sempre utili), c’insegna che anche gli stronzi hanno pur sempre qualcosa di buono, e altresì che saper cucinare conferisce potere sui cuori altrui.
Questo, care ragazze (e ragazzi, come sopra), c’insegna anche però che, se stiamo con degli stronzi che sanno cucinare, bisogna carpire le loro tecniche e, quando saremo diventate altrettanto brave (e bravi), assestare loro un bel calcione nel didietro.
Eccovi quindi la mia personale ricetta per la pizza, che si basa su quanto imparato all’epoca e che è stata perfezionata con gli anni, fino a diramarsi in due versioni che andrò di qui a breve a narrarvi: con impasto a mano e con impasto per la macchina del pane. Eh già, perché non avendo più un ex fidanzato pizzaiolo stronzo bensì un attuale marito policuoco e di buon cuore, lo scorso Natale ho ricevuto in dono la macchina del pane Kenwood, che da dicembre funziona a ciclo continuo. Ho aumentato così dell’800% il mio consumo di carboidrati e ho imparato che impastare a mano è gratificante e divertente ma, se qualcun altro fa il lavoro al posto tuo, oziare nel frattempo è anche meglio.

Partiamo dal punto fondamentale: il segreto di una ricetta strepitosa sta nell’usare ingredienti strepitosi. Anche nel cucinarli, è vero, ma se siete bravi cuochi e fate gli spaghetti del discount, avrete degli spaghetti schifosi nonostante tutta la vostra bravura.
Per la pizza made in Betta, il segreto segretissimo è la farina adatta. Io, dopo numerose prove (che erano tutte ottime scuse per fare molte pizze di test), ho concluso che la migliore è la farina "0" Manitoba di marca "Le Farine Magiche Lo Conte". Vi assicuro che non mi pagano, per quanto dovrebbero, dato che faccio un consumo smodato dei loro prodotti (uso la stessa farina anche per il pane, ne faccio fuori un quintale al mese). La trovate, penso, in tutti i supermercati grandicelli, ma io la compro alla Conad perché i commessi sono simpatici e ho tra loro un paio di ammiratori e ammiratrici dei miei tatuaggi. Come rinunciare a un po’ d’autostima gratis mentre si fa la spesa? Sarebbe come non prendere i bollini omaggio per le pentole. Non si può. Occhio che della stessa marca c'è anche una farina appositamente "per pizza", ma secondo me con quella la pizza viene meno buona. Se volete, provatele entrambe e poi ditemi. Riconoscerete in ogni caso la farina giusta dalla confezione rosa, nel caso in cui non sappiate leggere.
Segreto aggiuntivo: il lievito. Ora vi confesso una cosa di cui mi vergogno profondamente, ovvero che io non uso quello fresco in cubetti perché non ottengo buoni risultati. Ok, potete insultarmi per il prossimo quarto d’ora senza soluzione di continuità, ma fidatevi, il risultato sarà ottimo comunque anche con il lievito secco. Io mi trovo bene con il "Mastro Fornaio" Paneangeli, ma penso che possa andare bene qualsiasi lievito secco che lievita fuori dal forno; non vanno bene invece quelli a lievitazione istantanea, perché la vostra pizza dovrà lievitare, per l'appunto, fuori dal forno.
Segreto inatteso: il latte in polvere. Non quello da bambini, proprio il latte in polvere vero, da adulti. Vi dico subito che qui è stata un’impresa trovarlo: ho scovato in un negozio di prodotti etnici quello della Nestlé, che è notoriamente una multinazionale cattiva e lo dimostra chiamando “Nido” un prodotto per adulti e confondendo quindi le idee dei consumatori. Se ne trovate un’altra marca va bene lo stesso, meglio se ha il nome meno ambiguo. Ho cominciato a usarlo nell’impasto del pane per far uscire più croccante la crosta, e ho cominciato a metterlo anche nell’impasto per la pizza per ottenere lo stesso risultato. Perché non ve l’ho detto, ma la vostra pizza avrà una crosta enorme, soffice e goduriosa, e il latte in polvere aggiungerà l’effetto croccante fuori/morbida dentro che farà innamorare perdutamente di voi i vostri commensali.
Poi il pomodoro: io uso pelati d'inverno o pomodori freschi d’estate, li spiaccico (se pelati) o trito a dadini finifini (se freschi) e li lascio a marinare anche per tutta la durata della lievitazione della pizza con sale e pepe.
Ri-poi la mozzarella: dopo aver vinto le mie resistenze psicologiche, mi sono convertita ai panetti di mozzarella per cucinare, che hanno l’indubbio vantaggio di essere più asciutti e non “ammollare” la pizza. Per la marca fate voi secondo il vostro gusto, se siete in Sardegna consiglio Arborea. Se volete usare mozzarella di bufala non sarò certo io a impedirvelo, m’autoinviterò anzi da voi a cena: ma fatela scolare quanto più a lungo potete.
Infine gli altri ingredienti essenziali: l’acqua, che dovreste avere tutti; il sale, che pure dovreste avere tutti (so che me lo chiederete: sì, sono toscana, sì, mangio il pane senza sale anche se a voi fa schifo, sì, nella pizza in Toscana il sale lo mettiamo); lo zucchero, che vi serve per la lievitazione; l’olio, che, non sto nemmeno a dirvelo, se non è extravergine d’oliva io con voi non ci parlo.
Non dovrebbe esserci bisogno di specificarlo ma vabbè: sebbene io sia una fan della cucina improvvisata, per la pizza è indispensabile misurare/pesare tutto. Io peso anche acqua e sale, non soltanto per precisione ma soprattutto perché ho una clamorosa tendenza a sbagliare il sale negli impasti, mentre la bilancia non sbaglia mai (che è altresì un ottimo motivo per non salirci mai sopra). Vi servono quindi: 500 grammi di farina, 300 ml d’acqua, 4 cucchiai d’olio, 10 grammi di sale, 2 cucchiaini di latte in polvere, 2 cucchiaini di zucchero, una bustina di lievito. Con questi ingredienti otterrete tre pizze: una per voi, una per la persona che vi sta a cuore e una perché la persona che vi sta a cuore vi implorerà di avere il bis (della pizza: d’altro non m’interesso e sono problemi personali di ciascuno di voi nei quali non voglio ficcanasare) e alla fine della seconda pizza vi giurerà amore eterno.
E adesso diramiamo la ricetta:

RAMO IMPASTO A MANO
- per luddisti e sportivi -
Mischiate la farina con il lievito e due cucchiaini di zucchero, come specificato sulla bustina (non oserete disobbedire al signor Paneangeli, spero). Mettete la farina sul tavolo nella obbligata configurazione “a fontana”, poi aggiungete il sale, il latte in polvere, l’olio e l’acqua, poca per volta, incorporandola man mano che impastate. La pasta deve essere lavorata per un bel po’, almeno per una decina di minuti o almeno finché non vi rompete le scatole: l’importante è che non ve le rompiate prima di aver impastato almeno per una decina di minuti. E va lavorata energicamente: se avete le manine dal tocco delicato, fate la pasta frolla o la pasta brisée (delle quali con calma arriveranno apposite ricette, restate sintonizzati) e lasciate stare la pizza, che è roba da gente ruvida.
L’impasto deve poi essere diviso in tre palle e messo a lievitare. La lievitazione deve avvenire in ambiente calduccio, umido e non ventilato, cosa abbastanza facile qui a Cagliari (tranne quando imperversa il maestrale, ma in quel caso metto l’impasto in una stanza con finestre chiuse), meno a Trieste o sulle Dolomiti. Se fa abbastanza caldo, io metto l’impasto sul tagliere di legno infarinato, lo copro con uno strofinaccio da cucina asciutto e ci metto sopra un altro strofinaccio appena umido. Se fa freddo, faccio la stessa cosa e poi pongo tutto davanti alla stufa, girando di tanto in tanto con cura e devozione, altrimenti un lato resta freddo e uno comincia a cuocere fuori dal forno.
La lievitazione richiede il suo tempo: ci vogliono almeno tre ore. Lasciare la pasta a lievitare più a lungo non farà male, lasciarla meno farà malissimo perché rischiate una pizza lievitata solo in parte e il conseguente effetto macigno nello stomaco.

RAMO IMPASTO A MACCHINA
- per tecnologici e pigri -
Buttate tutto dentro alla macchina del pane secondo istruzioni della stessa e lasciate fare a lei, mentre voi vi fate i fatti vostri per tutti il tempo.
Per essere più precisi, nella mia macchina del pane (lei) funziona così: si mettono prima l’acqua e l’olio, poi la farina, versandola a pioggia in modo da non creare uno tsunami di acqua e olio, poi sale, zucchero e latte in polvere e infine il lievito. Le istruzioni della macchina specificano di non mettere il lievito a contatto con altri ingredienti che non siano la farina (il signor Kenwood ha coraggio da vendere e disobbedisce al signor Paneangeli). Conviene quindi mettere sale, zucchero e latte in polvere verso l'esterno del cestello, poi scavare un minicratere al centro della farina e metterci il lievito.
(Ora voi mi chiederete perché nell’impasto a mano si debba mischiare tutto mentre nell’impasto a macchina debba essere tutto separato: io lo so, ma non ve lo dico. No, non è vero, non ne ho idea, ma non m'azzardo a provare a trasgredire le regole. Se lo fate, raccontatemi com’è andata, ammesso che siate ancora vivi per raccontarlo.)
A questo punto selezionate il programma che fa solo impasto e lievitazione, senza cottura (nella mia è il programma 8): dura circa un’ora e mezzo, ma io lascio l’impasto dentro la macchina almeno il doppio del tempo, o anche di più. Diciamo che tre ore sono sufficienti. Qualche volta ho fatto l’impasto prima di andare al lavoro e al mio ritorno l’ho trovato che stava bussando allo sportello della macchina chiedendo di uscire e chiamandomi mamma. Io lavoro sei ore al giorno; se voi lavorate otto, rischiate che al vostro ritorno l’impasto voglia che gli regaliate il motorino.
Una volta estratto l’impasto dalla macchina, dividetelo in tre palle e mettetelo su un tagliere o su un piano infarinato.

RICONGIUNGIMENTO DELLA RICETTA
Accendete il forno e portatelo alla temperatura massima. Se nel vostro forno non entrano tre teglie per la pizza e non potete cuocerle tutte insieme, tenete protetto l’impasto rimanente: lasciatelo dentro la macchina o sotto gli strofinacci al caldo. Stendete ogni palla d’impasto roteandola in aria in perfetto stile acrobatico-partenopeo. In alternativa (non ditelo a nessuno, ma lo faccio anch’io) stendete la pasta con le mani. Io la stendo su un foglio di carta forno e poi la trasferisco dentro la teglia precedentemente unta (sempre olio, sempre quello che sapete).
In realtà ho sviluppato una tecnica complicatissima che vi farei vedere se avessi un marito che mi fa un video mentre la applico. Ma dovete sapere che il marito, efficientissimo come cuoco, circa otto anni fa ha invece cominciato a girare un cortometraggio in associazione con un amico (altrettanto riflessivo), e non ha ancora finito. Io ci metto già da sola diversi mesi tra la pubblicazione di due ricette (pessima abitudine che ho promesso ai miei 2,5 lettori di perdere), se aspetto anche che il marito mi faccia il video faccio in tempo ad andare in pensione. E quindi fatemi la cortesia di fingere di capire quello che sto dicendo: io prendo l’impasto tra le mani e, tenendolo sospeso, lo stiracchio dal centro verso i bordi facendo nel contempo un movimento rotatorio. Si capisce, no? Ecco, fatelo anche voi, oppure mettete l’impasto sulla carta forno, spiaccicatelo con le manine come meglio vi riesce e poi trasferitelo nella teglia. In ogni caso, se ripassate di qua nel 2029, potrete trovare forse il video.
Lasciate un po’ di bordo e condite la pizza con il pomodoro, la mozzarella a dadini ed eventuali altri ingredienti a vostro piacimento, concludendo con un filo d’olio. Ricordatemi, in tema di condimenti, che alla fine vi devo dire qual è la pizza più buona del creato. Intanto infornate la pizza, fate cuocere 10-15 minuti (dipende dal vostro forno: tenetela d’occhio), sfornate, stegliate (stegliare: v. tr., togliere qualcosa dalla teglia. Es. “porca maremma maiala, mi sono ustionata un dito mentre stegliavo la pizza”. Sì, l’ho inventato io, e per quanto ne so non esisteva nemmeno “impiattare” prima che lo inventassero i cuochi della tv, va bene?), mangiate e godete.
Nel raro caso che ne avanzi (a me queste cose non succedono ma non so se mi possa fidare di voi tutti), sarà buona anche il giorno dopo scaldata al microonde. 

Alcune possibili varianti interessanti sono: sostituire parte della farina con la semola per ottenere un impasto più croccante (io uso 50 grammi di semola su 500 di farina); aggiungere mezzo cucchiaino d'aglio in polvere, o uno, o più, all'impasto per ottenere una pizza scacciavampiri.

---AGGIORNAMENTO DEL 2013---
La variante definitiva però la otterrete solo grazie a lui, l'autoregalo di Natale 2013. 10 minuti di preriscaldamento, 4 minuti di cottura ruotando la pizza di mezzo giro dopo 2. Non avete bisogno di sapere altro. E otterrete una pizza che definirete suprema in mancanza di aggettivi migliori. Fidatevi e investite i vostri risparmi, vedrete che poi mi rammenterete.
---FINE AGGIORNAMENTO DEL 2013---

E ora, come promesso, ecco la pizza più buona del creato. Si mangia a Colignola, ridente località alle porte di Pisa di cui sono originaria, poiché la famiglia di mio nonno proveniva da lì. Per chi conosce la zona: vanto altolocate ascendenze contadine, insomma, e ne vado assai fiera. Non mi pagano nemmeno loro, ma la pizzeria si chiama Capodimonte, e la pizza si chiama “speciale”. Reca su di sé scaglie di grana, rucola (cruda, ovviamente) e olio al tartufo. In grave crisi d’astinenza me la sono riprodotta anche a casa, ma quella che fanno lì è perfetta, sublime.
Se ci andate, dite loro che vi manda una che è amica di uno che aveva mangiato gli gnocchi sulla pizza. L’evento ebbe luogo una ventina d’anni fa, ma penso che se ne ricordino ancora. E sì, ho un amico che per una serie di circostanze troppo lunghe da spiegare mangiava gli gnocchi sulla pizza, e anche di questo vado assai fiera.