giovedì 5 agosto 2010

GUFI


Di come io abbia fatto piantare il computer alle mie dottoresse grazie alla mia mera presenza seduta davanti a loro vi ho già raccontato altrove.
Ieri sono riuscita nel ben più difficile compito di far fulminare la lampadina del colposcopio mentre ero in attesa dell'esame.
(per "in attesa" intendo "in posizione": gamba qua + gamba là + topallaria mentre le due trafficavano alla ricerca della lampadina giusta chiedendomi se stavo comoda. Molto, davvero, moltissimo)
Qualcosa mi dice che al prossimo round mi accoglieranno con acqua santa, talismani ed esorcista.

giovedì 29 luglio 2010

L'ANGOLO DELLA POESIA


O guidatore
che detergi i vetri della tua automobile
con apposita apparecchiatura
(insita nel veicolo)
che spruzza acqua
ignaro dei passanti
e ancor più della signora grassa
che ti segue in scooter

vaffanculo.

lunedì 26 luglio 2010

BETTA SI SFOGA



Guardate, non ce la faccio più. Lasciatemi sfogare perché sono davvero esausta.
Allora.

Uno era un astronomo, uno scrittore capace di rendere la scienza accessibile a tutti e di creare pura poesia con le parole, un sognatore, una mente eccelsa.
Uno è una sottospecie di velina al maschile, peraltro brutta, che legge notizie di regime e pettegolezzi in tv.

Uno era uno dei personaggi più importanti del ventesimo secolo: ha fatto importanti scoperte, ha scritto uno dei romanzi più belli del mondo, ha mandato nello spazio un segnale di vita intelligente dal nostro pianeta, nella speranza - sua e di tutti noi - che in un punto lontanissimo nel tempo e nello spazio qualche altro essere pensante ci inciampi e scopra di non essere solo nell'universo.
Uno scredita la categoria a cui appartiene e manda nell'etere tonnellate di merda, nella speranza - nostra - che nessun altro essere pensante ci inciampi mai, ché faremmo una figura veramente infima anche con gli extraterrestri.

Uno se l'è portato via una brutta malattia all'età di 62 anni.
Uno è ancora vivo all'età di 79 anni e sembra anche godere di buona salute.
In entrambi i casi aggiungerei "purtroppo".

Uno ha lasciato tante splendide citazioni, una delle quali porto orgogliosamente stampata su una maglietta con la sua foto.
Uno credo sia più celebre per l'uso che fa della sua lingua, piuttosto che delle sue parole.

Uno era questo.
Uno è questo.
A me non sembra che si assomiglino, in tutta onestà.

Ecco.
Ma il prossimo che mi chiede se quello sulla mia maglietta è Emilio Fede, anziché sorbirsi una minilezioncina su chi sia stato e cos'abbia fatto Carl Sagan, si becca un pugno in faccia senza ulteriori spiegazioni.
Giuro.

venerdì 16 luglio 2010

BETTA CUCINA: LINGUINE ALL'ARANCIA


Correva il lontano anno 2004. Ora, che caspita c'abbiano gli anni da correre, io non l'ho mai capito: hanno 365, qualche volta 366 giorni per andare dovunque debbano andare (e poi, di grazia, dove vanno gli anni?), che ci andassero con calma.
E quindi, passeggiava il lontano anno 2004, e nel mese di febbraio, grazie a una serie di coincidenze irripetibili, mi trovai in possesso di un Fidanzato. Vi rovino subito la sàspenz svelandovi che si tratta dell'attuale Marito: sono una persona noiosa e se vi aspettate di trovare sconvolgimenti sentimentali sulle mie pagine, avete sbagliato blog, qui succedono cose nuove solo in cucina. E in quanto persona noiosa, ciò mi va benone.
Ma torniamo al 2004: per chi non lo sapesse, io all'epoca non vivevo nella Città del Sole bensì nei pressi di quella, altrettanto bella ma di molto più fredda, del Palio. Urgeva quindi un incontro col Fidanzato, reso alquanto complicato dal mare nel mezzo e dal fatto che io non avessi un centesimo bucato per noleggiare un canotto e andare da lui. Ci si accordò quindi sul fatto che fosse il Fidanzato ad andare in visita dalla Fidanzata nullatenente.
La Fidanzata nullatenente all'epoca viveva da sola in un monolocale di metri quadrati 31 esatti, che riusciva a tenere in uno stato di perfetto casino, complice anche una sua certa asocialità che l'aiutava nello starsene isolata in quel buchetto di campagna: e si sa che non ricevendo visite una può anche un pochino tralasciare la cura della casa. La suddetta all'epoca faceva anche un lavoro stupendo ma faticoso (se siete in quel di Siena, sappiate che se camminate su piastrelle fatte a mano, potrebbero essere mie) e quindi, essendo già poco portata per i lavori domestici, usava la stanchezza come ulteriore scusa per non fare un tubo. Tutto questo per spiegarvi come, alla vigilia dell'arrivo del fidanzato, la situazione fosse catastrofica, e urgessero delle pulizie di fondo. La sera prima quindi la Fidanzata si mise al lavoro e riuscì a far risplendere (vabbè, quasi) il suo appartamentino verso le 2 di notte. Alle 5 avrebbe dovuto partire per Roma per andare a raccogliere il Fidanzato in aeroporto (erano tempi in cui Raianeir non c'era e l'unico modo per volare dall'isola alla terraferma a buon prezzo era scendere a Milano o Roma). Avrebbe quindi potuto racimolare due orette di sonno, ma tanto era troppo emozionata per dormire. Decise quindi di sfruttare quelle due orette per fare una sorpresa al Fidanzato.
Il Fidanzato aveva, e ha ancora, un'amica che risponde al nome di Maya, fanciulla dalle molte doti ma celebre in primo luogo per la sua arte pasticcera. Fidatevi, ora che ho la fortuna di averla come amica anch'io: non mangerete in nessun altro posto dell'universo dolci belli e buoni come i suoi. Il Fidanzato, fin da quando era Prefidanzato, mi raccontava meraviglie delle cene in cui l'allora per me sconosciuta Maya portava dolci, e in particolar modo narrava con tripudio del di lei tiramisù. Dovendo quindi preparare un dolce per l'imminente cenetta della sera e ricordandomi di quanto a lui piacesse, impiegai le due ore notturne per fare il tiramisù. Alle 5 mi preparai e partii da casa, occhiaie a palate e ore di sonno zero.
Ora, non starò qui a raccontarvi l'incontro in aeroporto, la musica romantica in sottofondo, i cuoricini che volavano e tutto il resto, perché non sono fattacci vostri. Arrivammo comunque a casa e, dopo la cena, sfoderai dal frigo il mio sofferto tiramisù e lo deposi con amore nel piatto del Fidanzato, speranzosa. Il Fidanzato assaggiò, rifletté e sentenziò.
"Buono. Ma quello di Maya è meglio."
Capii in quel momento che da quest'uomo c'era da aspettarsi poco in termini di diplomazia, ma molto in termini di sincerità.
Pochi mesi dopo ebbi la fortuna di conoscere Maya e i suoi dolci, e non ho alcuna difficoltà ad ammettere che il Fidanzato avesse ragione: il tiramisù di Maya è la sua pièce de résistance, un'opera d'arte, un capolavoro, è come "My way" per Frank Sinatra, la Gioconda per Leonardo da Vinci, la sigla di "Atlas Ufo Robot" per Vince Tempera. Lei vi spiegherà di buon grado il suo procedimento (quanto amo i cuochi che non tengono segrete le loro ricette!), ma le sue manine hanno il tocco magico, ed è "quel" tocco in più che rende il suo dolce "il" migliore. Se non avete mai mangiato il tiramisù di Maya, non avete idea di cosa sia il Godimento Assoluto, mi dispiace per voi. E quindi non porto alcun rancore al Fidanzato per il giudizio cristallino e spietato: era, semplicemente, vero.
Però, ecco, sappiatelo, maschietti all'ascolto: ogni tanto a noi donne qualche bugia piccola piccola di quelle innocue la potete pure dire, eh? Non necessariamente sulla cucina: per esempio sulle rughe, sui capelli bianchi, sul peso… noi lo sapremo che sono bugie, ma voi ditele lo stesso, siate gentili.
Oltre alla sincerità, piatto forte di quella prima cenetta, credo di ricordare (se non fu quella, fu la seconda, ma abbiate pazienza, avevo altre cose da tenere a mente, concedetemi l'eventuale inesattezza storica), furono le linguine all'arancia, piatto non di mia invenzione ma che ho personalizzato un pochino, e che vado di seguito a illustrarvi.

Vi occorrono tre ingredienti fondamentali.
In primo luogo, la pasta: perché proprio le linguine? Non lo so, ma secondo me fanno quel tantino scicche. Voi fate pure il formato di pasta che preferite, ma le linguine hanno più classe.
In secondo luogo, l'arancia: ve ne serve una per 300 grammi di pasta, che in casa mia sono la dose minima per due persone quando non abbiamo particolarmente fame. Vi consiglio caldamente un'arancia sanguinella, per motivi cromatici e di sapore; in caso non la troviate, sceglietene una abbastanza dolce.
In terzo luogo, la panna: fresca, ve ne prego, fresca, la panna da cucina è il MALE. Ve l'ho detto già una quindicina di volte ma non fa mai male ripeterlo, non si sa mai che mi scivoliate sulla panna, facendo oltretutto un pasticcio sul pavimento.
E via con la ricetta, che è facile e veloce e si prepara mentre mettete a bollire l'acqua. Prendete una padella abbastanza capiente, ché ci dovrete poi saltare la pasta. Fate un soffritto con burro e scalogno tritato finefinefine; se non avete scalogno, andrà bene la cipolla bianca. Se non avete cipolla bianca, andrà bene la cipolla gialla. Se non avete cipolla gialla, cambiate ricetta. Appena il soffritto è soffritto, aggiungete circa un quarto di litro di panna e poco dado vegetale per insaporire. Se comprate il brick di panna da mezzo litro, come faccio io, non disperate: prossimamente vi elargirò una ricetta per usare la panna rimasta. Fate riscaldare, aggiungete il succo di un'arancia, un'idea vaga di conserva di pomodoro (deve dare colore, non sapore, quindi poca, pochissima) e un'idea quasi inesistente di paprica dolce (il piatto deve essere delicato, non piccante). Fate rapprendere un po' e togliete dal fuoco. Intanto cuocete la pasta, scolatela abbastanza al dente e saltate in padella facendo ritirare il condimento, a sufficienza perché esca una cremina morbida, non troppo perché si asciughi.
Servite (o, se preferite i neologismi del piffero, "impiattate") subito ai vostri commensali. Con un po' di fortuna non avranno mai mangiato a casa mia, e non rischierete di sentirvi dire "buona. Ma quella di Betta è meglio".

giovedì 24 giugno 2010

DONAZIONE DI SANGUE


Per una volta parliamo di cose serie: se la vostra salute ve lo permette, donate sangue, per favore. Non ce n'è mai abbastanza, soprattutto - ma non solo - d'estate, soprattutto - ma non solo - se vivete in un posto come la Sardegna dove di sangue ce n'è più bisogno che altrove. Me lo fate questo favore? Sì? Grazie.
E poi sappiatelo: donare il sangue rende affascinanti e irresistibilmente sexy. Voi dichiaratevi donatori e vedrete che uomini, donne e incerti cadranno ai vostri piedi ammaliati.

Io sono andata stamattina a donare presso la mia sezione Avis, che peraltro quest'estate fa anche un regalo a chi dona entro il 31 agosto (ed è un bel regalo, quindi se siete da queste parti e vi serve proprio un incentivo, ora ce l'avete). E quando vado mi diverto sempre a osservare la fauna umana (va bene, questo è il mio passatempo preferito sempre). Ora, ammetto di non aver mai estratto delle statistiche su età e sesso dei donatori, però stamattina m'ha colpito la strana maggioranza di giovani maschi in sala d'attesa, alcuni dei quali gazzettamuniti.
Sono sicura che il fatto che la legge permetta, giustamente, un giorno di permesso lavorativo quando si dona sangue e il fatto che stasera ci sia la partita dell'Italia siano due coincidenze che con la presenza dei suddetti non hanno niente a che fare.

venerdì 18 giugno 2010

TINO IL POSTINO



Io ho un postino bellissimo. Misura circa un metro e venti d'altezza e altrettanto di diametro, arriva fischiettando, riparte fischiettando, sorride sempre e quando ti dà il buongiorno lo sentono dall'altra parte della città.
Per quelli di voi pratici di Animal Crossing, il mio postino è il sosia di Tino nella vita reale. Per quelli di voi non pratici, lo trovate qui.
Stamattina lo vedo passare sfrecciando sul suo scooter (come riesca a salirci sopra è un mistero, forse ha la scaletta come quelle della piscina). Stretta a lui, una leggiadra fanciulla.
Sappiatelo: a noialtre buongustaie, alla faccia di tutto il tempo che passate in palestra gonfiandovi come canotti, gli uomini piacciono rotondetti e allegri.

mercoledì 16 giugno 2010

I MONDIALI


Le mie opinioni sui Mondiali di calcio (non vedevate l'ora di sentirle, lo so) sono le seguenti:
- mimportanasega se l'Italia vince o perde, e non sono leghista, sono solo una che s'è rotta parecchio le palle del calcio in tutte le sue forme;
- tuttavia, se l'Italia arriva in finale, le spiagge saranno libere dal 99% della popolazione in concomitanza con le partite e quindi forse è meglio se l'Italia vince;
- le trombette sudafricane fanno un suono fantastico e dovrebbero essere introdotte obbligatoriamente anche in Italia (tanto io allo stadio non ci vado, mirimportanasega);
- Shakira è stupenda e quando balla mi fa porre serie domande sulla mia eterosessualità, ma ha una voce insopportabile;
- "waka waka" è il verso che fanno i pacman quando mangiano, tutto il resto è una volgare imitazione.

giovedì 3 giugno 2010

BETTA CUCINA: POLPETTONE DI LENTICCHIE UNO E DUE


I miei turni lavorativi escono con cinque settimane d'anticipo. Cinque settimane fa, quando il tempo faceva - mi par di ricordare - abbastanza schifo (in realtà non lo ricordo affatto, ma è da ottobre che il tempo fa abbastanza schifo 9 giorni su 10, posso tranquillamente tirare a indovinare), incrociando un giorno di riposo infrasettimanale, un giorno di permesso e una festività nazionale ero riuscita a ritagliarmi un breve e splendente periodo di ferie che contavo di passare ad arrostirmi in spiaggia. Detto fatto: negli ultimi giorni l'isoletta, o almeno la mia parte d'isoletta, è stata spazzata via da un maestralino di quelli che ti portano dritti a incontrare il mago di Oz, se a favore, o nel 1950, se contrari. Un tempo, insomma, che fa felice solo le massaie che devono far asciugare il bucato. E io sono anche massaia, come no, in questi giorni ho raschiato il fondo della cesta dei panni sporchi e ho bucatato il bucatabile, compresi quei rimasugli che vanno lavati a mano e che chissà quando asciugano (oggi, in un'oretta o due di sbatacchiamento appesi al filo). Però non era esattamente così che volevo passare questa manciata di ferie. Niente spiaggia, niente abbronzatura, giramento di parti del corpo fatte crescere all'uopo e così via.
In questi giorni, perciò, non avendo di meglio da fare, ho soprattutto cucinato. Devo confessarvi che ieri mattina m'è preso questo raptus e ho cominciato a vagare per internet su pagine di cucina islandese, perché io c'ho la fissa di quel posto meraviglioso che è l'Islanda, tant'è che vivo nella sua isola quasi gemella: tranne che qui fa caldo e non esplodono i vulcani. Dopo qualche ora di inutile girovagare tra teste d'animali, pesci marci e salsicce d'interiora e dopo avere scoperto che la principale - di tre o quattro esistenti - ricetta di verdure locale è il purè di patate, ho deciso di lasciar perdere la cucina etnica e di darmi alle invenzioni, lanciandomi nella creazione del polpettone di lenticchie due.
"E il polpettone di lenticchie uno?" diranno i miei zerovirgolaventicinque lettori. Non ve l'ho ancora raccontato. Non c'avevo voglia.
No, in realtà volevo fare un post unico, ché costa meno.
No, in reale realtà in questi giorni me n'ero dimenticata, va bene?
E allora lasciamo la parola al Poeta, che così ce lo presenta: "signor polpettone, venite avanti, non vi peritate; voglio presentare anche voi ai miei lettori."
(che Uomo, che Uomo! *sigh*)
Così s'esprimeva il Poeta (che se non sapete chi è, io con voi non ci parlo, ecco), illustrando egli il polpettone di carne, che, vi confesso, non ho mai mangiato. Ma spero non s'offenda, il Poeta, se uso le sue parole per un polpettone vegetariano.
La mia mamma faceva invece il polpettone di tonno, e uno dei miei ricordi più spiacevoli delle mattine d'infanzia era la cottura del suddetto. Non so che farci: conservo sufficiente istinto animale da fare "sniff" quando si spande nell'aere odore di carne arrosto, ma non sopporto, in nessun modo, l'odore del pesce.  A dire il vero non mi ricordo d'avere mai assaggiato nemmeno il polpettone di tonno della mia mamma. Magari l'ho fatto e l'ho rimosso. Per dire: lei mi garantiva che da piccola m'aveva propinato cibi horror tipo il cervello, però io ero troppo piccola per ricordarlo, e quindi non ci credo. Lo so che cucinava lei per me e quindi era una fonte attendibile, ma io non ci voglio credere lo stesso. Non posso avere mangiato frattaglie, no, no, brrr.
La mia mamma lavorava, quand'ero ragazzina, come cuoca, ed è grazie a lei che ho imparato a cucinare: non perché m'abbia insegnato, ma perché all'ora di pranzo e all'ora di cena non c'era, e trovandomi da sola, se non avessi imparato a cucinare non avrei mangiato. Uno a posteriori dice anche "era meglio", ma vabbè. E la mia mamma era capace di cucinare tante cose buone: soprattutto sfornava patate (per la maggior parte fritte, arrosto e impanate) come non ho più trovato se non nei miei sogni, spettacolari, forse anche perché ne cucinava a tonnellate su mia richiesta. Il talento va allenato con la pratica.
Ahimè, io non le so fare, le patate fritte e arrosto e impanate come la mia mamma. E non so fare nemmeno il polpettone di tonno, che impestava l'aria di casa mia di uno spiacevole olezzo pescesco. Però, oh, c'è gùgol, da qualche parte ne troverete uno. E siccome non avete mai mangiato quello della mia mamma vi sembrerà anche buono.
Ma sto divagando. Strano.

Veniamo allora al polpettone di lenticchie uno, che ho sperimentato per la prima volta giorni fa quando il marito era al lavoro, in modo da avere il tempo di farlo sparire se proprio fosse uscito una schifezza.
L'idea iniziale prevedeva di seguire una ricetta di uno dei miei novecentottantadue (circa) libri di cucina, ma un po' perché non avevo tutti gli ingredienti, un po' perché le mie ricette sono possedute e prendono vita propria, alla fine la ricetta originale è deviata verso il polpettone à la Betta, che vedrete, vi piacerà.
Vi servono innanzitutto uno stampo da plumchéic (si pronuncia, già lo immaginate, "plum cake") e qualcosa da fare mentre cuociono le lenticchie. L'ideale è che ve le dimentichiate sul fuoco e che loro si trasformino in pappetta. Io son sempre brava a distrarmi mentre faccio qualcosa, ma nella fattispecie mi son messa a giocare ad Animal Crossing, e girellando per il mio villaggio alla ricerca di fossili è trascorso appena appena un attimo prima di arrivare al grado di cottura "opporcocaneciavevolapentolasulfuoco".
Mettete quindi le lenticchie rosse, quelle piccoline, insieme a una foglia d'alloro spiegazzata in pentola e lo stampo un po' dove vi pare: fondamentalmente ovunque la vostra fantasia vi suggerisca, tranne che nella stessa pentola con le lenticchie; se la vostra fantasia dovesse esagerare, ricordatevi di lavarlo prima di metterci il polpettone. Per "foglia d'alloro spiegazzata" intendo che la lascio intera, perché andrà tolta, ma la piego tre o quattro volte, così si "crepa" e spande meglio l'aroma. Che spiegazione complicata per un'operazione scema, avete ragione. Per quanto riguarda le proporzioni, io ho usato 350 grammi di lenticchie e ho aggiunto circa il doppio di acqua. L'acqua dev'essere tutta asssorbita e le lenticchie devono disfarsi. Se usate dado anziché sale verranno più buone. Se avete brodo di verdure avanzato o lo fate per l'occasione, siete i miei cuochi preferiti. Distraetevi quel tanto che basta per far disfare le lenticchie e riprendetevi in tempo per non dover raschiare le lenticchie bruciate dal fondo della pentola. Nel frattempo, invece di andare a giocare come ho fatto io, preparate il resto degli ingredienti, così risparmiate tempo. Mettete a bagno un po' di funghi secchi in un pentolino di acqua bollente, che tra poco riutilizzeremo in entrambe le sue componenti di acqua e di pentolino. Preparate un soffritto di cipolla finefinefine. Strizzate i funghi, tritateli e fateli insaporire nel soffritto. Mettete intanto a cuocere, nell'acqua in cui avete ammorbidito i funghi, una patata grande tagliata a tocchetti, così non avrete sprecato l'acqua fungosa che avrete prodotto. Prima che mi accusiate: non sono tirchia, sono risparmiatrice. Pensateci. Se ognuno di noi - che abbiamo acqua in abbondanza - risparmiasse un pentolino d'acqua al giorno, il pianeta avrebbe milioni di pentolini d'acqua in più ogni giorno. Vi pare poco? Preparate nel mentre anche tre uova sbattute. Se siete riusciti a compiere tutte queste operazioni insieme, il vostro polpettone sarà rapidissimo; io, che proprio multitasking non sono, c'ho messo una giornata, ma non prendete esempio da me.
A proposito di cose da fare nel frattempo: c'è da accendere il forno e portarlo sui 160°, questo riesco a farlo pure io, non deludetemi.
Abbiamo quindi, facendo tutte queste cose insieme o facendo solo quella, lasciato cuocere le lenticchie fino a disfarsi e ottenuto una bella purea. A questa aggiungete il soffritto di cipolla e funghi, la patata schiacciata, le uova sbattute, formaggi grattugiati misti nella persona di un pecorino, un parmigiano e una provola in mistiche proporzioni ("uhm, un po' di provola è avanzata, buttiamocela; uhm, c'è poco parmigiano già grattugiato, buttiamocelo; uhm, anche il pecorino è poco, così fa il paio col parmigiano, buttiamocelo"), un trito di prezzemolo che fa sempre bene, pangrattato quanto basta per rendere il composto compatto e sale e pepe secondo il gusto.
Versate nello stampo da plumchéic, se ve la sentite ungendolo e pangrattandolo prima (come da ricetta originale), se non volete rischiare rivestendolo di carta forno, che è la migliore amica di una ragazza (Marilyn non cucinava e quindi s'accontentava dei diamanti). Informate per un'oretta, sformate capovolto su un piatto da portata, lasciate raffreddare, tagliate a fette e gnam.

Come vi dicevo, il polpettone è stato preparato in modo da celarne ogni traccia prima del rientro del marito in caso di disastro, ma egli (il marito, non il polpettone), invece, ha assai gradito, tant'è che ieri, guardando sconsolata il maestrale che si portava via la superficie della città e tirando giù santi, per distrarmi mi sono esibita nella preparazione del polpettone di lenticchie due.

Stavolta ho usato le lenticchie verdi, più grandicelle: semplicemente perché al mio supermercato preferito, quello dove tutti i commessi sono gentili e sorridono più di quelli della pubblicità, le lenticchie rosse non c'erano. Io ho una passione per quel supermercato, nonché un innamoramento platonico per un bellissimo commesso cicciottello col quale una volta sono stata testimone di una scena sublime che vi racconterò in un altro momento, così mantengo la sàspenz. E insomma non avevo voglia di andare anche in un altro supermercato, più che altro perché in quelli vicini a casa mia i commessi vanno dall'indifferente all'ingrugnito. Siccome le lenticchie sono più grandi, ve ne servono meno, diciamo sui 200 grammi: oppure fate come me che avendo sbagliato la proporzione ho estratto, prima che si disfacessero, parte delle lenticchie e me le sono mangiate per pranzo. Di acqua (o brodo) ce ne vuole di più, circa tre volte, perché le lenticchie verdi sono più toste e ci mettono più tempo a disfarsi, Così avrete più tempo per preparare le altre ottocento cose da aggiungere, o per farvi gli affari vostri come nella ricetta precedente. Non dimenticate la foglia d'alloro: possibilmente una nuova, non la stessa. Ora, è vero che se ognuno di noi - che abbiamo alloro in abbondanza - risparmiasse una foglia d'alloro al giorno, il pianeta avrebbe milioni di foglie d'alloro in più ogni giorno, ma non esageriamo. A differenza del polpettone di lenticchie uno, il polpettone di lenticchie due nasce in un giorno di fine mese in cui lo stipendio non è ancora arrivato e il frigo non dico che pianga ma insomma, si lamenta abbastanza; uno di quei giorni, per intenderci, in cui si sente la necessità di raccogliere gli avanzi. Dragando i cassetti ho quindi racimolato: gambi di broccoli che avevo lasciato da parte per la vellutata di cui avete già letto qualche post addietro; una zucchina anzianotta ma tuttora col suo perché; una carota un po' passata e tuttavia ancora piacente. Ho fatto quindi bollire i gambi dei broccoli in un pentolino d'acqua che ho trovato il modo di riciclare di nuovo (oh yeah) facendovi subito dopo bollire una patata a tocchetti; una volta bolliti e scolati, li ho sbucciati come da ricetta della vellutata eccetera (suvvia, v'ho messo anche il motore di ricerca nel blog, usatelo) e lasciati in attesa nel mixer. Ho pensato anche di intrattenerli con una musichetta di sottofondo, così, per ingannare il tempo. A proposito, quando la vostra operatrice vi dice "la lascio un attimo in attesa, grazie" con un sorriso nella voce, non perdere tempo a rispondere, tanto lei sta già premendo spietata il tastino che vi abbandonerà in preda a una musichetta più o meno sopportabile: perché se vi mette in attesa senza darvi possibilità di replicare, non lo fa perché si debba limare le unghie o chiacchierare con la collega - quelle cose lì le fa già MENTRE parla con voi - ma perché ha davvero bisogno di un paio di minuti per risolvere il vostro problema. Arrendetevi e cantate sulle note della musichetta, qualche mio cliente, bontà sua, lo fa (ve lo giuro, una volta uno l'ho sentito quando ho ripreso la chiamata, l'ho beccato nel mezzo di "isamegicnambaaaa"). Mentre i broccoli attendono, cantando o meno, soffriggete olio e uno spicchio d'aglio, e lanciatevi carota e zucchina obsolete di cui sopra tagliate a fettine. Soffriggete finché non diventano morbide, poi versate il tutto nel mixer a far compagnia ai broccoli, e frullate. Non fatevi venire in mente, neanche per un istante, di togliere lo spicchio d'aglio: frullate anche quello, da bravi. Mi sto perdendo i vampiri tra i miei lettori ma pazienza. Quelli che ci sono ancora, preparino 3 uova sbattute. Intanto le vostre lenticchie si saranno disfatte, e quindi seguite stesso procedimento di cui sopra: unite il frullato di verdure,  la patata schiacciata, le uova sbattute, parmigiano grattugiato ("uhm, c'è solo parmigiano già grattugiato, ma è abbastanza, buttiamocelo"), un trito di prezzemolo che continua a fare sempre bene, pangrattato quanto basta per rendere il composto compatto e sale e pepe secondo il gusto. Versate nello stampo da plumchéic come sopra, infornate come sopra, sfornate come sopra, lasciate raffreddare come sopra, tagliate come sopra, gnam come sopra.

Il polpettone, vi avviso, sarà abbastanza compatto: un po' di più il primo, un po' di meno il secondo. Sarà bene accompagnarlo con qualcosa di sughettoso, tipo melanzane al funghetto, verdure miste in tegame, cose del genere. Una salsina potrebbe altresì accompagnarvisi bene, ma avevo finito l'impeto creativo, e poi speravo ancora, davvero, che almeno nel pomeriggio sarei andata al mare.
Come no.
Raffiche fino a 90 km all'ora, ieri, han detto alla radio.
Ma tranquilli, cari concittadini: io domani rientro al lavoro, inizio il turno alle 15: alle 14,59, vedrete, il vento farà "plop" cadendo di colpo, l'aria sarà immobile e la temperatura salirà a 39°.
E credetemi: non volete essere il primo cliente che mi chiamerà, domani.

mercoledì 19 maggio 2010

SPERIAMO NON SI STRAPPI


Io per certe cose un po' me la tiro. Ma non pubblicamente, eh. Mi sentirete sempre molto modesta, mentre minimizzo cose che meravigliano qualcuno.
Un cazzo.
E' tutta scena, me la tiro eccome. Lo confesso qua tanto la popolazione lettrice del mio blog è talmente scarsa che non se ne accorgerà nessuno.
Per dirne una, sono vegetariana da venticinque anni. Di solito (più che altro se mi viene chiesto) butto là quest'informazione con nonscialàns, e c'è sempre qualcuno che fa "oooh" stupendosi della notizia e della mia nonscialàns. E io penso "olé, ho sorpreso qualcuno, sono troppo ganza". Ma di vegetarietà parleremo di nuovo un'altra volta, ché oggi non c'ho voglia di scrivervi una delle mie imperdibili ricette. Oggi parliamo invece di ecologia, altro argomento per il quale me la tiro, anche se di solito fa meno scena.
Ma vedete, io vado davvero fiera di avere avuto attenzione per certi temi fin dai tempi in cui non ci pensava praticamente nessuno. Racconto di solito che, quando nella mia città natale sbucarono dal nulla i primi, timidi cassonetti per la raccolta differenziata della carta, io andavo tutta felice a depositare più o meno ogni settimana la carta da buttare prodotta in casa mia, per scoprire che nel cassonetto c'era, in cima alla pila, ancora quella che avevo buttato la settimana prima: indice del fatto che, almeno nel mio quartiere, per i primi tempi l'unica a fare la raccolta differenziata ero io. Qualche "oooh" lo raccolgo anche qui, ma meno.
Aggiungerei che questo aneddoto non depone molto a favore dei miei concittadini e in particolare dei miei conquartierini, quindi, per non far sfigurare nessuno, non vi dirò che si trattava di Pisa, quartiere di Porta Nuova, cassonetti dislocati in via Pietrasantina. Sappiatelo, se conoscete qualcuno del posto: chi abitava lì ha cominciato a fare la raccolta differenziata dopo di me, tiè.
Poi cerco di riciclare tutto quello che si può, ma avendo in tutta la mia vita consumato soprattutto quantità spropositate di carta, sono sempre stata particolarmente sensibile allo spreco di questo materiale, e quando posso compro carta riciclata.
Per questo motivo, qualche giorno fa mi sono decisa a cambiare un'altra delle mie abitudini, perché davvero mi sentivo in colpa a sprecare tanti alberi in quel modo. Ma devo dirvelo, mi sento un tantino a disagio.
Ecco: l'immagine di qualche povera operaia costretta al lavaggio, stiratura, riarrotolamento e decorazione con alberelli verdi della "carta igienica riciclata" che ho di recente acquistato mi perseguita.


martedì 27 aprile 2010

VENDETTE



Il mio operatore di telefonia mobile, visto che uso il cellulare più o meno con la frequenza di un cadavere, mi ha regalato l'autoricarica se ricevo x minuti di chiamate mensili da altri operatori che non siano lui. Peccato che non mi chiami quasi nessuno, e i quasi appartengano in genere all'operatore stesso, scelto proprio in base a quella manciata di amici (3) e familiari (1) con cui comunico al telefono.
Così la promozione resta intonsa. Peccato.
Intanto continuano periodicamente a chiamarmi colleghi di call center più sfigati di me che cercano di vendermi cose che non mi servono. Peccato.
A un certo punto però si deve pur fare uno più uno.
Ho appena lasciato la signorina di Pincopanco Energia appoggiata sul mobile di cucina a parlare da sola dopo che mi ha proposto di illustrare la promozione stupefacente a me riservata, mentre lessavo gli spinaci per la frittata. 
Me la ritento con la prossima di Pancopinco Energia (la concorrenza con Pincopanco è serrata), con Paraponzi Prestiti e con Trullallero ADSL*, quando richiamano.
Vedrete che qualche centesimo di ricarica quantomeno lo racimolo.

* (aggiornamento: s'è aggiunta tra i rompipalle telefonici la casa editrice Zumpappà che vuole vendermi l'abbonamento a una rivista donnesca. A ME, che di femminile ho giusto il modo in cui faccio pipì.)

giovedì 1 aprile 2010

CODICE DELLA STRADA

Allora.
Sono in scooter, nella corsia di destra, e metto la freccia per passare nella corsia di sinistra.
L'automobilista dietro di me accelera, mi sorpassa mentre sto per cambiare corsia come da freccia e mi manda, perdonate il francesismo, affanculo.
Ora, a titolo informativo: se hanno cambiato il codice della strada e a voi è giunta la notizia, siate gentili e ditemelo, così lo so anch'io.
Per sicurezza, in ogni caso, ho fatto presente al gentile signore quale lavoro svolga sua madre nelle ore notturne.


sabato 13 marzo 2010

BETTA CUCINA: VELLUTATA DI BROCCOLI CON PREQUEL



Le stagioni: quanto sono belle le stagioni, con il loro susseguirsi? Consentitemi di essere poetica: il cocomero, i funghi, le arance, i fagiolini… non avvertite la poesia di questa meravigliosa catena naturale che ci porta via un cibo delizioso e non ci dà il tempo di rimpiangerlo che già ce ne dona uno nuovo?

Ho capito, non l'avvertite. Voialtri vi mangiate le susine a dicembre. Criminali. E non parlo di crimini contro l'ecologia, né contro il vostro portafogli: i primi sono argomento troppo complicato perché possa sviscerarlo io; i secondi sono affaracci vostri, non venite mica a chiederli a me, i soldi per la spesa. Siete dei criminali nei confronti del vostro palato, perché mangiate cose fuori stagione e quindi, molto semplicemente, meno buone.

Ora, io devo avervi già detto da qualche parte che odio l'inverno. Se non ve l'ho detto è stato solo per distrazione, perché è una dichiarazione che non mancherò mai di lanciare là a casaccio in qualsiasi discorso. Tipo: vi racconto il mio primo giorno di scuola e il trauma di non riuscire a scrivere in corsivo né nelle righe giuste mentre le altre bambine (future zoccole) mi prendevano in giro? Bene: sappiate che la mia maestra diceva di me che scrivevo "un po' in soffitta e un po' in cantina", e che odio l'inverno. Oppure: vi parlo di qualche mio cliente comico e dei suoi strafalcioni? Bene: sappiate che una volta una cliente a cui comunicavo un indirizzo web mi ha chiesto "come si scrive slèsc?", e che odio l'inverno. Oppure ancora: mi chiedete che ore sono? Sono le otto e mezzo, e odio l'inverno. Ogni scusa è buona per ricordarvelo, insomma, non si sa mai che vogliate regalarmi un viaggio in Finlandia nel mese di gennaio, che sarebbe brutto rifiutare.

E dunque, odio l'inverno. Odio abbastanza anche l'autunno, e mi sta appena appena simpatica la primavera. Sarei una persona felice in un posto dove la temperatura media, anzi fissa, fosse 35°. C'è una sola cosa che mi fa sopportare la fine dell'estate senza meditare il suicidio, ed è - appunto - il susseguirsi dei prodotti della natura nelle varie stagioni. Se non ci fosse l'autunno, non ci sarebbero i tartufi e non saprei come investire in una cena sola quello che spendo in un mese per fare la spesa (pare che il marito transiti di qui: mi urge dunque ricordargli che mi deve una cena di tartufi. Bianchi. Lui sa di cosa sto parlando. Anche se finge di no.). Se non ci fosse l'inverno, non ci sarebbero i carciofi e non riuscirei a pungermi orribilmente con quelli già puliti e privati delle spine (ci riesco, ci riesco, non mi sottovalutate). Se non ci fosse la primavera, non ci sarebbero le fragole e i fiorirosafioridipesco cantati da Battisti (anche se a dire il vero di molti dei testi sfornati da Mogol io farei parecchio a meno). Ci sono cose buone in tutte le stagioni: è solo che l'estate ne ha di più. L'estate ha i peperoni e il popone (o melone per chi tra di voi non è toscano e ride molto di questa denominazione) ma ha anche il caldo, il sole, il mare, la spiaggia, le ciabatte infradito, i vestiti indiani, le giornate in cui fa buio tardi, il bucato che s'asciuga subito (che per noialtre donne di casa son soddisfazioni), la serotonina che balla il rock'n'roll acrobatico, insomma, volete mettere?

Adesso m'è venuto il magone e non mi ricordo più perché fossi così motivata a scrivere questo post in una gelida (e per questo illegale) giornata di marzo. Uffa.

Ah, no, ecco: i broccoli. Questa sublime verdurina perlappunto invernale tanto amata dalla vostra cuoca preferita e dal Conte Dacula. Leggo, salterellando sul web, che la parte edibile dei broccoli è il 51 %. Tzè. Sono qui apposta per farvi riciclare tutto quello che normalmente buttereste dei vostri bei broccoletti verdi, saporiti e profumati (tutti i cavoli profumano, chi osi affermare il contrario per me è un blasfemo).

Ma per riciclare gli avanzi dei broccoli, bisogna prima crearli: e quindi ecco a voi il prequel della vellutata di broccoli, ovvero le orecchiette agli stessi.

Il prequel è molto semplice e molto comune; non vanto certo la maternità della ricetta. Prendete i vostri broccoli, tagliate le cimette (non abbiate timore di buttare troppi gambi: ve l'ho detto, dopo li ricicliamo) e fatele bollire in acqua salata, la stessa in cui poi cuocerete la pasta. Appena saranno tenere, scolatele e fatele insaporire in padella con un laghetto d'olio costellato di ampie isole di aglio e ondate di peperoncino. Cuocete la pasta, saltatela in padella coi broccoli, mangiatela. Tutto qua. Mi dissocio dall'aggiunta d'acciughe (qui e in ogni altro piatto) per motivi di vegetarianza, e anche da quella di pecorino, che mi pare di troppo, ma voi fate un po' come vi pare. 
Spazzolata via la pasta, vi troverete avanzato il gambo dei broccoli, e se lo buttate occupate in un colpo solo l'intero contenitore per la raccolta differenziata dell'umido: meglio mangiarlo (il gambo dei broccoli, non il contenitore per la raccolta differenziata dell'umido, dal quale comunque qualcosa di buono potrebbe uscire, in caso di grave crisi di fame).

E allora, per non fare la cena monotematica, il giorno dopo stupite i vostri commensali con la stilosissima vellutata che vado a illustrarvi.

Fate cuocere il gambo a pezzi in acqua salata: se necessario sbucciate la parte più dura, altrimenti farete come mia nonna che cosse (o coque?) per un giorno della carne che non voleva saperne di diventare tenera, entrando nella leggenda familiare. Oh, fu una giornata memorabile: di tanto in tanto io o qualche altro familiare ci affacciavamo alla sua finestra chiedendole "o nonna, è cotto il lesso?" e lei "no, è ancora duro...". Rinunciò soltanto dopo 15 ore (giuro) di lessatura continuata, costatale probabilmente in combustibile quanto un pranzo al ristorante.
Cuocete quindi in acqua salata il gambo dei broccoli finché diventerà morbido: ci vorranno meno di 15 ore, prometto. Scolatelo e non buttate l'acqua di cottura, vi servirà dopo. Estraete con abile mossa il vostro frullatorino a immersione dalla fondina (ora non ditemi che non portate il frullatorino a immersione nella fondina: mi rifiuto di pensare che siate dei cuochi così poco attrezzati) e tritate le verdure, se necessario aggiungendo un po' d'acqua di cottura. Tenete le verdure da parte, ché se le buttate fate la vellutata vuota.
Ora andiamo a preparare una similbesciamella. Me l'avete studiata la besciamella, sì? Non è che io sto qua a tessere le lodi della besciamella occupando chilometri di blog e voi non fate i compiti, no? La similbesciamella sarà preparata con il brodo di cottura dei broccoli anziché con il latte: ciò la renderà assai più a rischio di grumi, ma voi, che avete studiato e avete besciamellato tutte le sere da quando io v'ho dato la ricetta (vero?), sarete bravissimi e otterrete un impasto liscio liscissimo. La preparazione è davvero la stessa della besciamella, per cui vi rimando al post relativo: cambia solo il liquido e non si aggiunge né il dado, perché l'acqua che usate è già salata, né la noce moscata alla fine, che non ci sta a far nulla coi broccoli. Per le proporzioni, io, che ho imparato a cucinare vedendo la mia mamma che faceva tutto a occhiometro e faceva tutto squisito, vi do indicativamente queste: ho usato per 3 gambi di broccoli una besciamella preparata con 30 grammi di burro, 30 di farina e 300 ml di brodo. Sentitevi liberi di variare le dosi secondo il vostro gusto, ma con queste proporzioni il sapore era equilibrato. Potete aggiungere un po' di brodo se volete una vellutata più liquida.
Quando la besciamella blirblurba (vi rimando sempre al post specifico per ulteriori informazioni), aggiungete le verdure tritate, amalgamate bene e appena il tutto riprende a blirblurbare spegnete il fuoco e aggiungete della panna fresca (dell'abominio relativo alla panna da cucina abbiamo già parlato altrove e non ci tornerò sopra in questa sede). Servite subito.
Non volendo prendermi meriti che non mi competono, vi dirò che il marito ha suggerito una grattata di pepe bianco direttamente nella scodella. Il marito, che in fatto di pepe è un'autorità riconosciuta, aveva ragione.

Ma poi ve l'avevo detto che odio l'inverno?


sabato 6 febbraio 2010

GO, SISTERS!


Alla fine è tutto abbastanza rapido; il dottore si diverte a rendermi partecipe dei dettagli truculenti ("sente? questo è il laser!" "BEEEEEEEEEEEP!" "sente? questa è la macchina che aspira il fumo! "WOOOOOOOOOOOSH!") e soprattutto mi lascia a interrogarmi sul significato del "mi serve più lungo" ripetuto per ben due volte mentre traffica tra le mie gambe. Se fossi un maschio sarebbero soddisfazioni, ma essendo femmina (anche perché se non lo fossi non mi troverei lì) mi faccio qualche domanda.
Il dottore è un fermo sostenitore della teoria Nuvenia Pockets e mi dice che dal giorno successivo posso continuare a fare qualsiasi attività fisica che facessi prima: andare in bicicletta, andare in piscina, andare a cavallo… aspetto che aggiunga il paracadutismo ma se ne dimentica. Gli spiego che la mia attività fisica più estrema consiste nel guidare lo scooter e fingo di credergli. Lui è un dottore e sa cosa dice, ma sono io la proprietaria della povera cosa strapazzata sulla quale devo sedermi.
Il giorno dopo mi sento ancora come dopo una notte di fuoco con l'abominevole uomo delle nevi, e quindi necessito di un certificato di malattia per il lavoro, visto che gli operatori di call center non hanno a disposizione un triclinio ma solo delle sedie su cui non credo di potermi trovare a mio agio. Vado quindi dalla mia dottoressa per strapparle due giorni di riposo. 
La sala d'attesa è pienissima; passo il tempo giocando sull'iPod perché leggere mi impedisce di origliare le conversazioni altrui.
Il signore ha accento del nord, atteggiamento da conferenziere e toni scandalizzati. Ha in mano un giornaletto di annunci gratuiti e decide di esporre le sue lamentele alla platea, senza porsi il dubbio se la stessa possa essere interessata, e altresì - sconsiderato - senza valutare il rischio.   
"Insomma, io sono qui per lavoro, e devo cercare un appartamento in affitto, e guardate qua: nell'ottanta per cento degli annunci devo leggere persone che vogliono affittare appartamenti a studentesse! Capito? Non a studenti in generale! Viene specificato il sesso! Stu-den-TES-SE! Come se da qualche parte fosse scritto che gli uomini sono più sporchi delle donne! Io sono un uomo e sono ordinatissimo! In quanto maschio cinquantaduenne mi sento discriminato! Sono vittima di un pregiudizio!"
Viene massacrato dalla platea, composta di anziane signore cagliaritane, a suon di "era ora che vi sentiste discriminati voi, per una volta!", "non avete mai fatto niente, avete sempre fatto pulire a noi, certo che siamo più ordinate!" e rivendicazioni femministe della stessa portata, il tutto urlato (come solo le vere signore cagliaritane sanno fare).
Il malcapitato si ritira nel suo angolino e s'immerge a testa bassa nel giornaletto senza più azzardarsi a proferire parola.
Ma le signore non perdonano. Una di loro lascia lievitare l'attesa al punto giusto e poi, con tono di sfida (come solo le vere signore cagliaritane sanno fare), lo guarda e fa: "allora, l'ha trovato l'appartamento? Sa, visto che se ne stava zitto…"
Una ziodda, un mito.

domenica 31 gennaio 2010

BETTA CUCINA: LA BESCIAMELLA BUONA BUONA IN MODO ASSURDO


"Anteeksi mutta vuodenvaihteen illallinen oli haastava. 
Ja huono jos toivotan teille hyvää uutta vuotta puhutellut burps, eikö?"

Ecco: secondo il traduttore di google, questa è la versione finlandese di quanto vi ho scritto il primo dell'anno. Trovo troppo bella per essere vera la traduzione di "rutti" con "burps": c'è qualcuno di voi che conosca il finlandese e mi confermi che google non mi sta prendendo per il culo? Grazie.
Cosa c'entra la Finlandia con la besciamella buona buona in modo assurdo? Niente. Ma siccome per il cenone mi sono esibita nelle lasagne con i carciofi e i commensali hanno gradito alquanto (a suon di burps, oltretutto), mi pareva una buona introduzione per questa ricetta base, tanto semplice ma che va fatta con cura, dedizione e qualche barbatrucco.

Parliamone, però, innanzitutto della besciamella, questa sostanza mistica, cremosa e morbidosa, capace di trasformare la vostra pasta in una delizia celestiale. Pensate che qualche blasfemo la compra nei tetrapack già pronta, e non sa che l'ira dell'Artusi scenderà su di lui, nel giorno del giudizio. O che, nell'ipotesi più prossima, mangerà un troiaio.*

(* dicesi "troiaio", nella mia terra natia, cosa non esattamente buonissima, probabilmente già oltre i limiti del commestibile; lo specifico perché so di altre accezioni locali, ma voi siate gentili e prendete il significato toscano.)
La besciamella, oltre che mistica, cremosa e morbidosa, dev'essere altresì TANTA. Non si può fare un piatto dietetico con la besciamella, quindi perché soffrire usandone poca? Se dovete contare le calorie (cosa che io mi dimentico di fare da una quarantina d'anni), piuttosto non mangiate altro per tutto il giorno, ma il vostro piatto besciamellato dev'essere besciamellato parecchio.
E poi, psst, avvicinatevi, vi svelo un segreto.
Più vicini, ché devo parlar piano, è un segreto segretissimo.
Oh, bravi, così.
Ecco: se volete sapere se quell'essere meraviglioso che avete invitato a degustare una cena preparata dalle vostre sante manine è la vostra metà mancante, l'anima gemella, la mezza mela, insomma quella roba lì, lasciate che la besciamella decida per conto vostro.
Tipo: io ebbi un ex-fidanzato che mi rimproverava di usare "troppa" besciamella, anche quando andavo sotto i limiti di sopravvivenza. Lo lasciai, anche per altri motivi.
Qualche anno dopo mio marito, nelle vesti, all'epoca, di appena fidanzato, di fronte alle prime lasagne da me preparate con tanto tanto amore mi rimproverò di avere usato "poca" besciamella. Seppi in quel momento che avevo davanti l'uomo della mia vita.
Poi non dite che non sono utile, vi faccio anche la Posta del Cuore.
Ora potete anche ri-allontanarvi, almeno quanto ve lo permette la vostra vista.

Ordunque. Per avere una besciamella perfetta è necessario il rispetto delle dosi, che consiste nel fare le proporzioni, a seconda di quanta ve ne servirà, con l'equivalente di:

100 grammi di burro

100 grammi di farina

1 litro di latte

1 dado vegetale

Suvvia, non è difficile, ce la potete fare anche voi, se ce l'ho fatta io. Se non ce la fate, potete a scelta usare la calcolatrice o preparare un litro di besciamella alla volta, che nel caso stiate cucinando pasta al forno per un esercito diventa pratica un tantino dispendiosa in termini di tempo.
Vi occorrono altresì:
1 casseruola* antiaderente

1 mestolo di legno
(* avrei potuto usare il termine "tegame" ma, avendovi già rimandati all'uso toscano delle parole, avrei rischiato grosso.)
Fate attenzione a proporzionare anche questi, perché se usate un mestolo e mezzo e una casseruola e mezzo, rischiate un pasticcio sui fornelli.


E dunque, il procedimento.

Mettete a sciogliere il burro in una casseruola. Quando il burro sarà sciolto, aggiungete la farina e fatela leggermente dorare. Poi aggiungete il latte, il dado e portate a ebollizione. Finito.

Seeeh, come no.

Il segreto è COME farete tutto questo.

I segreti, anzi, sono molteplici, e ve li vado a enumerare:

1) Fate sciogliere il burro a fuoco basso, dev'essere proprio appena sciolto, non diventare marroncino.

2) Lanciate la farina nel burro in un sol colpo, con baldanza, e mescolate subito, senza fermarvi e sempre nello stesso senso col vostro bel mestolo di legno, compagno di tante avventure. Sul moto rotatorio della besciamella torneremo tra poco.

3) quando la farina avrà preso un bel colore dorato, cominciate ad aggiungere il latte, senza smettere di mescolare. Aggiungetelo molto lentamente, anzi, MOLTO lentamente, anzi, MOOOOOOOOOOLTO leeeeeeeeeentameeeeeeeeeente. Ho reso l'idea? Dovete incorporare tutto il latte che avete messo prima di aggiungerne altro, e metterne proprio pochissimo per volta, pena orribili grumi di farina, brutti, antestetici e deprimenti. A un certo punto l'impasto sarà orrendo e vi sembrerà di avere preparato della calcina, ma continuate col vostro latte aggiunto a piccolerrime dosi, e vedrete che pian piano diventerà tutto cremoso e liscio, come una nuvoletta nel cielo estivo. Eh, abbiate pazienza, la besciamella mi rende poetica.

4) Portate a ebollizione senza smettere di mescolare e senza cambiare il verso in cui girate, altrimenti avrete sette anni di sfortuna mostruosa. No, davvero, in realtà non so quanto si tratti di superstizione e quanto di verità scientifica, ma le creme con uova - è un dato di fatto - impazziscono se si girano al contrario; la besciamella forse non impazzisce ma io vi assicuro che esce disordinata. E poi guardate quel bellissimo impasto angelico e liscio liscio come la nuvoletta di poc'anzi: avreste davvero il coraggio di rompere cotale armonia e strapazzare il tutto con mestolate anarchiche? Non fatelo, sul serio, non osate.

5) Appena finito di mettere il latte, aggiungete il dado: non il sale, il dado, alla faccia dei puristi della cucina. Si scioglierà con il calore e il sapore sarà ottimo, fidatevi di me.

6) Togliete la besciamella dal fuoco non appena comincerà a fare "blirb blurb", vale a dire (per usare un termine meno tecnico) appena giungerà a ebollizione.

7) Se vi piace, aggiungete una spolverata più o meno cospicua di noce moscata grattugiata sul momento; se non vi piace, io con voi non ci parlo, ecco.

8) Ve l'ho già detto che dovete mescolare continuamente, vero? Non importa: ve lo ridico, mescolate continuamente. Vi concedo al massimo pause di 3 secondi e mezzo, non di più.
 
Sembra difficile? Lo è, non ce la farete mai. No, via, scherzo, ci vuole pazienza e pratica, ma chiunque può riuscirci. La besciamella buona buona in modo assurdo vi farà fare un figurone comunque la vogliate usare. Potrete farne lasagne, cannelloni, pasta al forno, base per salse, e otterrete dei capolavori. Purché ne usiate a profusione. Vi avevo già detto anche questo? La besciamella dev'essere lussuosa, debordante, opulenta.

E potete contare sulla mia discrezione: non dirò a nessuno che vi ho visti ripulire il fondo della pentola ingollando quella che avanza a cucchiaiate e in tal modo concimando il vostro già lieto e paffuto colesterolo. Promesso.
 

giovedì 14 gennaio 2010

BASTA CREDERCI


Giuro, volevo provarci. 
Dopo avere letto l'avviso all'entrata del mio supermercato preferito, quello in cui spiegano che il personale è autorizzato a chiedere un documento a chi acquisti alcolici per verificare che abbia più di 16 anni, volevo prendere due birrette e avviarmi alla cassa contando di essere fermata.
La mia autostima di "quarantennemanonlidimostrovero?" avrebbe fatto un balzo in avanti.
Ma non ho voluto osare.
No, vabbè, è che andavo di fretta, se mi avessero fermata per vedere i documenti magari avrei fatto tardi e il marito a casa si sarebbe preoccupato, e poi dovevo tornare presto per impastare la pizza, insomma, meglio non rischiare.



lunedì 11 gennaio 2010

SODDISFAZIONI


Certi giorni sembrano cominciare male.
Per esempio, ti svegli alle 5 con il mondo che deve ancora resuscitare, ti perdi già nel parcheggio dell'ospedale (figuriamoci dentro), ti viene permesso di fare colazione solo alle 8 quando stai ormai vedendo Pellegrino Artusi sulla porta del reparto, ti riperdi tra ascensori, corridoi e indicazioni che non ci sono (appunto), ti viene urlato contro un po' di tutto da gente che dice che era lì prima di te e non si capisce perché passi prima tu (o signora acida e isterica: perché m'hanno chiamato, 'azzo ne so?), ti sciroppi in totale più di cinque ore tra sale d'attesa e medici vari che sembrano parecchio lunghe anche se nel frattempo ti rileggi mezzo settimo libro della Torre Nera di Stephen King, rendendoti conto che gli altri pazienti penseranno che hai avuto una brutta notizia e invece tu piangi senza ritegno, per la quattrocentesima volta, sulle stesse righe.
Alla quinta delle lunghe suddette ore, tuttavia, capisci che la levataccia ha un senso, che eri venuta qua per questo: per farti fare i complimenti dal medico cicciottello, il quale ti esprime sincera ammirazione per essere l'unica sua paziente che ammette di essere grassa perché mangia molto anziché dire "no, no, dottore, io non mangio niente…".
Son soddisfazioni.
Gli avrei quasi voluto bene, se dopo non avesse estratto lo strumento di tortura col quale ho dovuto controvoglia accoppiarmi.



venerdì 1 gennaio 2010

AUGURI!


Scusate ma la cena di fine anno è stata impegnativa.
E' brutto se vi auguro buon anno parlando coi rutti, vero?