sabato 13 marzo 2010

BETTA CUCINA: VELLUTATA DI BROCCOLI CON PREQUEL



Le stagioni: quanto sono belle le stagioni, con il loro susseguirsi? Consentitemi di essere poetica: il cocomero, i funghi, le arance, i fagiolini… non avvertite la poesia di questa meravigliosa catena naturale che ci porta via un cibo delizioso e non ci dà il tempo di rimpiangerlo che già ce ne dona uno nuovo?

Ho capito, non l'avvertite. Voialtri vi mangiate le susine a dicembre. Criminali. E non parlo di crimini contro l'ecologia, né contro il vostro portafogli: i primi sono argomento troppo complicato perché possa sviscerarlo io; i secondi sono affaracci vostri, non venite mica a chiederli a me, i soldi per la spesa. Siete dei criminali nei confronti del vostro palato, perché mangiate cose fuori stagione e quindi, molto semplicemente, meno buone.

Ora, io devo avervi già detto da qualche parte che odio l'inverno. Se non ve l'ho detto è stato solo per distrazione, perché è una dichiarazione che non mancherò mai di lanciare là a casaccio in qualsiasi discorso. Tipo: vi racconto il mio primo giorno di scuola e il trauma di non riuscire a scrivere in corsivo né nelle righe giuste mentre le altre bambine (future zoccole) mi prendevano in giro? Bene: sappiate che la mia maestra diceva di me che scrivevo "un po' in soffitta e un po' in cantina", e che odio l'inverno. Oppure: vi parlo di qualche mio cliente comico e dei suoi strafalcioni? Bene: sappiate che una volta una cliente a cui comunicavo un indirizzo web mi ha chiesto "come si scrive slèsc?", e che odio l'inverno. Oppure ancora: mi chiedete che ore sono? Sono le otto e mezzo, e odio l'inverno. Ogni scusa è buona per ricordarvelo, insomma, non si sa mai che vogliate regalarmi un viaggio in Finlandia nel mese di gennaio, che sarebbe brutto rifiutare.

E dunque, odio l'inverno. Odio abbastanza anche l'autunno, e mi sta appena appena simpatica la primavera. Sarei una persona felice in un posto dove la temperatura media, anzi fissa, fosse 35°. C'è una sola cosa che mi fa sopportare la fine dell'estate senza meditare il suicidio, ed è - appunto - il susseguirsi dei prodotti della natura nelle varie stagioni. Se non ci fosse l'autunno, non ci sarebbero i tartufi e non saprei come investire in una cena sola quello che spendo in un mese per fare la spesa (pare che il marito transiti di qui: mi urge dunque ricordargli che mi deve una cena di tartufi. Bianchi. Lui sa di cosa sto parlando. Anche se finge di no.). Se non ci fosse l'inverno, non ci sarebbero i carciofi e non riuscirei a pungermi orribilmente con quelli già puliti e privati delle spine (ci riesco, ci riesco, non mi sottovalutate). Se non ci fosse la primavera, non ci sarebbero le fragole e i fiorirosafioridipesco cantati da Battisti (anche se a dire il vero di molti dei testi sfornati da Mogol io farei parecchio a meno). Ci sono cose buone in tutte le stagioni: è solo che l'estate ne ha di più. L'estate ha i peperoni e il popone (o melone per chi tra di voi non è toscano e ride molto di questa denominazione) ma ha anche il caldo, il sole, il mare, la spiaggia, le ciabatte infradito, i vestiti indiani, le giornate in cui fa buio tardi, il bucato che s'asciuga subito (che per noialtre donne di casa son soddisfazioni), la serotonina che balla il rock'n'roll acrobatico, insomma, volete mettere?

Adesso m'è venuto il magone e non mi ricordo più perché fossi così motivata a scrivere questo post in una gelida (e per questo illegale) giornata di marzo. Uffa.

Ah, no, ecco: i broccoli. Questa sublime verdurina perlappunto invernale tanto amata dalla vostra cuoca preferita e dal Conte Dacula. Leggo, salterellando sul web, che la parte edibile dei broccoli è il 51 %. Tzè. Sono qui apposta per farvi riciclare tutto quello che normalmente buttereste dei vostri bei broccoletti verdi, saporiti e profumati (tutti i cavoli profumano, chi osi affermare il contrario per me è un blasfemo).

Ma per riciclare gli avanzi dei broccoli, bisogna prima crearli: e quindi ecco a voi il prequel della vellutata di broccoli, ovvero le orecchiette agli stessi.

Il prequel è molto semplice e molto comune; non vanto certo la maternità della ricetta. Prendete i vostri broccoli, tagliate le cimette (non abbiate timore di buttare troppi gambi: ve l'ho detto, dopo li ricicliamo) e fatele bollire in acqua salata, la stessa in cui poi cuocerete la pasta. Appena saranno tenere, scolatele e fatele insaporire in padella con un laghetto d'olio costellato di ampie isole di aglio e ondate di peperoncino. Cuocete la pasta, saltatela in padella coi broccoli, mangiatela. Tutto qua. Mi dissocio dall'aggiunta d'acciughe (qui e in ogni altro piatto) per motivi di vegetarianza, e anche da quella di pecorino, che mi pare di troppo, ma voi fate un po' come vi pare. 
Spazzolata via la pasta, vi troverete avanzato il gambo dei broccoli, e se lo buttate occupate in un colpo solo l'intero contenitore per la raccolta differenziata dell'umido: meglio mangiarlo (il gambo dei broccoli, non il contenitore per la raccolta differenziata dell'umido, dal quale comunque qualcosa di buono potrebbe uscire, in caso di grave crisi di fame).

E allora, per non fare la cena monotematica, il giorno dopo stupite i vostri commensali con la stilosissima vellutata che vado a illustrarvi.

Fate cuocere il gambo a pezzi in acqua salata: se necessario sbucciate la parte più dura, altrimenti farete come mia nonna che cosse (o coque?) per un giorno della carne che non voleva saperne di diventare tenera, entrando nella leggenda familiare. Oh, fu una giornata memorabile: di tanto in tanto io o qualche altro familiare ci affacciavamo alla sua finestra chiedendole "o nonna, è cotto il lesso?" e lei "no, è ancora duro...". Rinunciò soltanto dopo 15 ore (giuro) di lessatura continuata, costatale probabilmente in combustibile quanto un pranzo al ristorante.
Cuocete quindi in acqua salata il gambo dei broccoli finché diventerà morbido: ci vorranno meno di 15 ore, prometto. Scolatelo e non buttate l'acqua di cottura, vi servirà dopo. Estraete con abile mossa il vostro frullatorino a immersione dalla fondina (ora non ditemi che non portate il frullatorino a immersione nella fondina: mi rifiuto di pensare che siate dei cuochi così poco attrezzati) e tritate le verdure, se necessario aggiungendo un po' d'acqua di cottura. Tenete le verdure da parte, ché se le buttate fate la vellutata vuota.
Ora andiamo a preparare una similbesciamella. Me l'avete studiata la besciamella, sì? Non è che io sto qua a tessere le lodi della besciamella occupando chilometri di blog e voi non fate i compiti, no? La similbesciamella sarà preparata con il brodo di cottura dei broccoli anziché con il latte: ciò la renderà assai più a rischio di grumi, ma voi, che avete studiato e avete besciamellato tutte le sere da quando io v'ho dato la ricetta (vero?), sarete bravissimi e otterrete un impasto liscio liscissimo. La preparazione è davvero la stessa della besciamella, per cui vi rimando al post relativo: cambia solo il liquido e non si aggiunge né il dado, perché l'acqua che usate è già salata, né la noce moscata alla fine, che non ci sta a far nulla coi broccoli. Per le proporzioni, io, che ho imparato a cucinare vedendo la mia mamma che faceva tutto a occhiometro e faceva tutto squisito, vi do indicativamente queste: ho usato per 3 gambi di broccoli una besciamella preparata con 30 grammi di burro, 30 di farina e 300 ml di brodo. Sentitevi liberi di variare le dosi secondo il vostro gusto, ma con queste proporzioni il sapore era equilibrato. Potete aggiungere un po' di brodo se volete una vellutata più liquida.
Quando la besciamella blirblurba (vi rimando sempre al post specifico per ulteriori informazioni), aggiungete le verdure tritate, amalgamate bene e appena il tutto riprende a blirblurbare spegnete il fuoco e aggiungete della panna fresca (dell'abominio relativo alla panna da cucina abbiamo già parlato altrove e non ci tornerò sopra in questa sede). Servite subito.
Non volendo prendermi meriti che non mi competono, vi dirò che il marito ha suggerito una grattata di pepe bianco direttamente nella scodella. Il marito, che in fatto di pepe è un'autorità riconosciuta, aveva ragione.

Ma poi ve l'avevo detto che odio l'inverno?